Bolivia


Introduzione alla conservazione della Roccia Scolpita di Samaipata, Bolivia


Sonia Avilés. info@ bononia-archeologia.it, sonia_aviles@hotmail.com Ph.D. Investigadora independiente. Presidente de la sociedad BONONIA ARCHEOLOGIA SRL. Entre sus obras se destaca el libro Qhapaqñan Caminos Sagrados de los Incas, 2008, Cima - La Paz. www.bononia-archeologia.it


Resumen: El presente artículo es un extracto de los trabajos de investigación realizados en Italia en la Universidad de Bologna, sobre la implementación de urgentes políticas de conservación a desarrollarse en la magnífica Roca Esculpida de Samaipata, que se encuentra en el Departamento de Santa Cruz en Bolivia. La Roca es un exponente único de arte rupestre, de una longitud de aproximadamente 240 m, con tallados en alto y bajo relieve, considerada hasta el momento la huaca más grande del Imperio Inca. Se presentan dos secciones: una histórico-arqueológica y la otra técnico-conservativa. En la primera se exponen los antecedentes etno-históricos y los trabajos arqueológicos realizados en el complejo, y en la segunda el análisis y las experimentaciones realizadas en laboratorio con muestras de roca.

Meyers & Otto, 2003

Indice

Ringraziamenti
Scopo della ricerca
Introduzione

Capitolo 1 Storia e archeologia
1.1. Note introduttive
1.2. Descrizione del complesso archeologico
1.3. Gli Inca e i Chiriguani nel contesto storico delle Ande Orientali Boliviane
1.4. Il ruolo storico della Roccia Scolpita
1.5. Considerazioni

Capitolo 2 Aspetti tecnico - conservativi
2.1. Caratteristiche della Roccia di Samaipata
2.2. Il deterioramento della pietra di Samaipata
2.3. Studi, ricerche e proposte di restauro
2.4. Precedenti interventi di restauro

Capitolo 3 Analisi di laboratorio
3.1. Introduzione
3.2. Osservazioni al microscopio da mineralogia
3.3. Diffrattometria di raggi X (XRD)
3.4. Analisi chimiche (ICP)

Conclusioni
Bibliografia

 

Ringraziamenti

Il presente studio è stato reso possibile grazie all’appoggio dell’Ambasciatore d’Italia a La Paz - Bolivia Eugenio Campo, che mi ha introdotto nel programma di borse di studio del Ministero degli Affari Esteri per realizzare una prima ricerca sul degrado della “Roccia Scolpita di Samaipata” e pianificare un progetto che riguardi la sua conservazione e restauro.

Sono riconoscente all’archeologo Dott. Albert Meyers della Università di Bonn per avermi indicato il tema della conservazione in ambito archeologico, per le sue acute osservazioni e per tutto l’appoggio dato allo studio del Complesso Archeologico della Roccia di Samaipata. Grazie al suo intervento il sito è stato nominato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità (1998).

Ringrazio ugualmente la impresa Stone Watch di Joseph Otto che mi ha appoggiato economicamente con i materiali e spese supplementari in questa ricerca.

In Italia ringrazio la Prof.ssa Laura Laurencich-Minelli dell’Università di Bologna per la collaborazione costante e l’orientamento, il suo appoggio è stato prezioso per il conseguimento di importanti azioni a favore dell’archeologia boliviana.

Ringrazio in particolare al Prof. Michel Macchiarola ricercatore del CNR che ha gentilmente accettato di dirigere questo studio e ha fatto possibile i diversi analisi fatti ai campioni di roccia di Samaipata.

 

Scopo della ricerca

E’ mio intento affrontare lo studio storico-tecnico di un manufatto di particolare interesse al fine di tutelarlo e valorizzarlo anche a livello internazionale.

A tal proposito il percorso che si intende seguire nell’ambito della ricerca è mirato allo sviluppo di una metodologia operativa per la conservazione del Tempio della Roccia Scolpita di Samaipata, riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.

E’ un progetto piuttosto ambizioso che vuole muovere i primi passi verso una corretta orientazione scientifica.

Lo scopo della ricerca si focalizza nello studio analitico del degrado del monumento centrale del complesso archeologico di Samaipata: La Roccia Scolpita come supporto ai prossimi interventi di restauro e nella messa a punto di prodotti e tecniche di applicazioni, mediante test di laboratorio, idonee alla conservazione del sito archeologico.


Introduzione

Il “Tempio della Roccia Scolpita di Samaipata” è il monumento principale del Complesso Archeologico “El Fuerte”, esso si trova sulle ultime propaggini delle Ande Orientali Boliviane a 1900 m.s.l.m. (coordinate 18° 10’ 30’’ lat. Sud e 63° 49’ 10’’ long. Ovest, Fig. 1, 2).

Il complesso è situato nel territorio del paese di Samaipata, “Provincia Florida” del Dipartimento di Santa Cruz, 120 Km al Sud Ovest della città di Santa Cruz de la Sierra.

L’etimologia del sito di Samaipata, ha origine da due vocaboli della lingua Quichua : sama e pata, che significano rispettivamente “altura” e “luogo”.

Il complesso archeologico (esteso circa 40 ha.) fu dichiarato Patrimonio dell’Umanità dal Word Heritage Comitee della UNESCO nella sessione di Kyoto (Giappone) del 2 Dicembre 1998.

Attualmente questo importantissimo sito archeologico versa in uno stato avanzato di degrado, conseguentemente, richiede necessari quanto urgenti interventi mirati alla sua conservazione da attuarsi, possibilmente, nell’immediato futuro. Da ciò la necessità di uno studio preliminare e la conseguente messa a punto di una metodologia di intervento.

Fig. 1. Ubicazione di Samaipata nella mappa della Bolivia


Fig. 2. Foto satellitare delle Ande Orientali o Subandine dove si trova la Roccia di Samaipata a circa 2000 m.s.l.m. (Meyers & Otto 2002)

 

1. Storia e archeologia

1.1. Note introduttive

Il primo riferimento a Samaipata lo troviamo nella cronaca spagnola del padre José de Acosta, scritta nel secolo XVI, intitolata “Historia natural y moral de las Indias”. Raccogliendo la tradizione orale dei nativi il religioso narra la storia dell’Inca Yupanqui che pose il suo centro di potere nel sito, stabilendosi con un seguito di migliaia di mama qoyas (donne al servizio dell’ Inca), sacerdoti e guerreri. Tali avvenimenti accaddero nella seconda metà del XV secolo, secondo quel che racconta il cronista.

Purtroppo non si sono trovati, fino ad ora, altri documenti coloniali sul sito di Samaipata.

Alla fine del XVIII secolo iniziarono importanti ricerche nel Complesso Archeologico cosiddetto ‘El Fuerte’, proseguite poi negli anni a venire, che hanno contribuito alla conoscenza della zona. La valenza di tali lavori si riflette nella conservazione del complesso, nella sua importanza all’interno del Paese e come patrimonio dell’umanità. Gli studi più rilevanti - tra cui descrizioni, interpretazioni e scavi - sono quelli di Tadeo Haenke (1795), Alcides D’Orbigny (1832), Erland Nordenskiold (1911), Leo Pucher (1945), Hermann Trimborn (1967), Jorge Arellano (1974), Osvaldo Rivera (1979), Felix Tapia (1984) e Albert Meyers (1994-96, 1998, 1999, 2000), Aviles (2000, 2001, 2002).

In ambito archeologico uno degli interventi più completi e di più lunga durata è quello della missione tedesco-boliviana diretta dal Dott. Albert Meyers che lavorò nel complesso dal 1992, arrivando a importanti conclusioni. Gli scavi del ‘Proyecto de Investigaciones Arqueologicas Samaipata PIAS’, si sono effettuati sia sulla superficie della Roccia Scolpita sia nel settore abitativo nella valle subito a sud a pochi metri della Roccia dove sono ubicate le strutture con l’alzato, che ad ovest e ad est (Fig. 3-5).



Fig. 3. La Roccia Scolpita di Samaipata. Nel fianco ovest si distinguono la figura di un felino dentro un circolo (freccia rossa); lo struzzo, oggi indistinguibile (freccia gialla); e il muro lineare inca (freccia bianca). Al centro, verso la sua parte più alta, sono visibili i canali serpentiformi, distribuiti in tre file separati da due frange (freccia azzurra). Ad est, l’altro muro inca a forma di “L”(freccia nera). A sud, il tetto di paglia che protegge il gruppo di nicchie detto Tempio delle Sacrestie.

Fig. 4. Mappa della Roccia Scolpita di Samaipata (rilievo topografico degli intagli). Meyers & Otto 2002

 

Fig. 5. Mappa del Complesso Archeologico della Roccia Scolpita di Samaipata “El Fuerte”.

 

La cronologia stabilita dal PIAS si basa sull’analisi della ceramica e su datazioni al radiocarbonio.

Ad esempio: un vaso zoomorfo con la figura di una scimmia (El Mono), è stato comparato con lo stile Condorhuasi del nordest argentino e datato approssimativamente tra il 200 a.C. e il 300 d.C. (Meyers 1994-1996: 71). Per quel che riguarda l’occupazione incaica, le date al C14 danno i seguenti anni: 1283, 1407, 1473, mentre per l’epoca coloniale abbiamo la data del 1644 d.C. (Meyers 1994-1996: 73).

I campioni sottoposti alla datazione radiocarbonica corrispondono a frammenti del legno dei pali che reggevano il tetto delle case incaiche.


1.2. Descrizione del complesso archeologico

La Roccia Scolpita

Il Complesso Archeologico “El Fuerte” è un ampio insediamento costruito intorno ad un monumento principale: La Roccia.

La Roccia Scolpita di Samaipata è lunga 240 m, larga 50 m e misura 10 m nella sua parte più alta, estendendosi per una superficie di 8,600 m2 (Meyers et.al. 1995: 6). La Roccia è completamente ricoperta da figure scolpite che raffigurano motivi zoomorfi e geometrici oltre ad elementi architettonici (nicchie, scalini, sedili). Le figure più caratteristiche sono quelle di felini (giaguaro o puma, Fig. 6, 7), di serpenti (Fig. 8), dello struzzo, di pozzetti cilindrici, di sedili quadrangolari e triangolari, di piccole piscine o vasche quadrangolari e di una serie di nicchie grandi e piccole, semplici o con un riquadro attorno.

Fig. 6. Particolare del “felino nella piattaforma”, nord-ovest: distrutto per azione umana e invaso da licheni, si vedono ancora la testa, il corpo, le gambe e la coda.


Fig. 7. Particolare della figura del “felino dentro il circolo”, fianco ovest.



Fig. 8. Particolare della figura centrale della Roccia: il serpente. E’ visibile l’erosione a causa dell’azione dell’acqua e dei microrganismi.

Sulla cima e al centro della Roccia si trova il cosiddetto “Coro de Sacerdotes” che consiste in un insieme di sedili scolpiti, posti in due cerchi concentrici. Il cerchio esterno è formato da 18 sedili, 9 triangolari e 9 quadrangolari alternati, quello interno ne ha 9 quadrangolari. Il Coro di Samaipata è una struttura simbolica unica nelle culture sudamericane andine e amazzoniche, prima d’ora infatti non si era trovato nulla di simile.

Sulla superficie della Roccia sono visibili due muri incaici. Il muro del Settore Ovest è orientato Nord-Sud e taglia trasversalmente questo settore. Il muro del Settore Est ha una forma ad ‘L’ e le due pareti di cui è costituito si orientano da Nord a Sud e da Est a Ovest rispettivamente. Questi muri incaici si sovrappongono a strutture in roccia più antiche, indicando una occupazione pre-Incaica. (Fig. 9)

Fig. 9. Muro incaico del settore est; il muro si sovrappone ad un complesso di sedili disposti in cerchio di età preincaica.

 

La grandezza del monumento non ci permette di descriverlo brevemente, poichè presenta una distribuzione complessa delle sculture, delle vasche e dei canali, che danno vita ad un sistema simbolico-funzionale della riproduzione del rito. La stessa Roccia e la sua superficie intagliata invitano a stabilire una funzione cerimoniale predominante.

Tra le caratteristiche principali dell’intaglio della Roccia, vi è il “Dorso del Serpente”, che consiste in un sistema di due canali ceremoniali formati da centinaia di rombi (Fig. 8). Esso si trova nella parte superiore della Roccia e parte da una piscina, nella quale si realizzavano i riti relazionati all’acqua o ad un altro liquido cerimoniale come la chicha (1); tali liquidi erano poi versati nei canali. La presenza di varie vasche di diversa dimensione, suggerisce la relazione dei riti con le abluzioni di purificazione molto diffuse nelle nostre culture fin da epoche preispaniche. Inoltre le piscine, riempite d’acqua, servivano come osservatori della volta celeste.

Le nicchie, che si trovano nei settori Nord e Sud della Roccia, sono un altro elemento predominante; questi ricettacoli paiono porte che invitano ad entrare, tanto che si è diffusa la credenza popolare che La Roccia sia vuota (Fig. 10). La leggenda, nelle sue varie versioni, parla dell’esistenza di una Città d’Oro all’interno. Tale credenza era così diffusa che diede adito ad atti di vandalismo per tentare di entrare nella Roccia: si perforarono le nicchie per collocarvi candelotti di dinamite, causando così con la loro esplosione un danno irreparabile.

Comunque, la disposizione delle nicchie come porte chiuse, si può interpretare come un ingresso simbolico all’interno della Roccia. Esse potrebbero essere la rappresentazione evidente di un’entrata ad un mondo accessibile a pochi privilegiati che fossero in uno stato animico particolare. Tale ipotesi è rafforzata dall’utilizzo di allucinogeni da parte delle culture andine e orientali (antiche e moderne), attraverso i quali si raggiunge uno stato estatico durante il quale si entra in contatto con gli dei e gli altri esseri sovrannaturali.

I settori delle nicchie, disposte lungo i fianchi della Roccia, sono anche interpretabili come parte di piccoli templi adiacenti la Roccia (Meyers et.al. 2001: 2).


Fig. 10. Complesso di cinque nicchie nel settore nord della Roccia; la forma irregolare di alcune delle nicchie fa pensare a una opera incompiuta - forse un tentativo di ampliamento in epoca incaica -. Meyers & Otto 2002

Una gran quantità di sedili intagliati, rettangolari e triangolari è visibile in molte parti della Roccia, tali sedili permettono la contemplazione del paesaggio sia nel settore Nord che in quello Sud, dove sono in numero maggiore e formano una sorta di anfiteatro: la galleria di sedili del settore Sud guarda verso la piazza (un’area centrale dove non sono state rinvenute strutture e che si presenta come uno spazio aperto delimitato da costruzioni), dove, probabilmente si realizzavano vari eventi, osservabili dall’anfiteatro.

Il complesso residenziale

Il complesso archeologico fino adesso conosciuto si estende per circa quaranta ettari. In questo ambito si sono trovate 53 abitazioni di diverse dimensioni e disposizioni (Fig. 11). Le locazioni si caratterizzano per presenza di più di un insediamento poiché si rinvengono nel medesimo luogo i resti di tre diverse culture. Per questo motivo si indica un periodo pre-Incaico e due occupazioni posteriori che corrispondono ai periodi Inca I e Inca II.

Questo stato delle costruzioni ci permette di stabilire che l’area ha subìto continue e diverse occupazioni nel tempo; le società che si sovrapposero non solo scelsero i medesimi luoghi di insediamento ma utilizzarono anche i materiali da costruzione dei loro predecessori. Anche all’epoca coloniale si scelse come strategia lo stabilirsi sopra antiche costruzioni incaiche e pre-incaiche, utilizzando i mattoni di pietra rinvenuti, per edificare edifici di modello spagnolo.

La zona presenta un’impronta multiculturale dovuta al susseguirsi durante un lungo periodo di tempo di diversi gruppi sociali, riunitisi tutti attorno allo stesso fulcro: la Roccia.
Gli scavi diretti dal Dott. Meyers misero in luce un centro religioso amministrativo con diversi gruppi di recinti che servivano per le diverse funzioni. Di questi recinti si descrivono i più rappresentativi per capire sinteticamente la struttura funzionale del complesso.

I muri incaici sulla Roccia. Sulla superficie della Roccia, gli Inca costruirono due muri sopra i sedili intagliati nella pietra dai loro predecessori appartenenti alla società locale delle Valle di Samaipata e delle zone adiacenti, uomini questi di culture Pre-Incaiche.

Nell’area ad Ovest della Roccia troviamo il Muro lineare 1 che taglia un complesso iconografico e che si sovrappone a una delle vasche del complesso.

Nell’area ad Est troviamo il Muro 2 a forma di “L” composto da una galleria di nicchie; questo muro ugualmente taglia le strutture precedenti e si sovrappone a una serie di sedili intagliati nella roccia che sembrano formare un cerchio. (Fig. 9)

La kallanka. Il termine deriva dalla lingua quichua e significa ‘recinto maggiore’; il nome era attribuito ai grandi edifici rettangolari che potevano contenere centinaia di persone al fine di svolgere funzioni di carattere cerimoniale, amministrativo o commerciale.

La kallanka si trova al Sud della Roccia a 100 m e le sue misure sono: 68 m per 16 m, è a pianta rettangolare, i muri hanno fondamenta composte di piccole pietre di raccolta leggermente intagliate e lavorate, i muri composti con adobe si innalzano fino ad una altezza di ca. 9 m nel tímpano; l’edificio ha 8 porte prospicenti l’area centrale del complesso: la cosiddetta piazza, il tetto è a due spioventi, costruito con paglia e sostenuto da grandi colonne e travi in legno.

Gruppi di recinti.
Sono 10 i gruppi di recinti che presentano abitazioni incaiche e pre-incaiche, ad eccezione del recinto o settore 4 dove si trova anche una casa spagnola.

Ognuno di questi gruppi rappresenta un tipo di attività e si trova in un luogo strategico del complesso che soddisfa le sue necessità funzionali.

I complessi di abitazioni sono la parte fisico-strutturale del centro amministrativo e religioso, dove si stabilirono i gruppi dirigenti, cioè l’Inca, il suo seguito reale, i sacerdoti e i guerrieri di rango.

Le case hanno tutte piante quadrangolari o rettangolari; il muro è doppio con un canale centrale ripieno di pietre gravilla o piccoli pietre di riempimento, i muri hanno fondamenta in pietra e si innalzano utilizzando materiale di adobe (2) fino a raggiungere i tetti a due spioventi. In due case si trovarono i resti di grossi tronchi di legno usati a sostegno del tetto e resti di intonaco che ricoprivano i muri

La casa spagnola. Si trova nel settore 4 con il gruppo di construzioni pre-incaiche e incaiche. Questa casa ha forma a “U” e fu costruita sopra le abitazioni incaiche. Durante i secoli di colonizzazione XVI e XVII servì ad imprigionare i guerreri Ciriguani in lotta contro gli Spagnoli, ma anche per altri popoli pacifici come i Cianè solitamente venduti come schiavi. È probabile che da questo derivi il nome di ‘Forte’ che viene assegnato comunemente al complesso (Fig. 12).


Fig. 11. Casa inca nella valle, circa 50 metri a sud della Roccia. (Meyers & Otto 2002)


Fig. 12. Casa spagnola a pochi metri di distanza a sud della Roccia. E’ visibile la protezione posta a conservare i muri sotto la direzione del Dott. Albert Meyers (1994). In alto a destra archeologi ai lavori di scavo di una casa inca.(Meyers & Otto 2002)

La chincana. Il termine deriva dalla parola quichua che significa ‘labirinto’ o anche ‘perdersi’. Nel settore sud-est del complesso si trova un pozzo intagliato nella roccia cosiddetto chincana, di cui non si conosce al momento la profondità. Purtroppo nelle ultime decadi si è riempito di sedimenti per cui la profondità attuale è di 10 m. A questo pozzo si sono attribuite diverse funzioni: rituali, punitive e idrauliche come il drenaggio o l’accumulo di riserve di acqua.

Le terrazze di coltivazione. Al sud della Roccia, all’interno dell’area archeologica, si trovano 9 livelli di terrazze di coltivazione, mentre fuori da questa zona protetta si trovano altri 5 livelli di terrazze coperte dalla vegetazione (Cfr. Avilés 2000). Le coltivazioni tradizionali più comuni fin dai tempi preispanici sono: mais, patata, nocciola americana, manioca o yuca.


La ceramica

La ceramica inca trovata negli scavi e nel territorio di Samaipata è di un tipo regionale che imita abbastanza bene quella del centro Inca di Cuzco-Perù; si trovano forme classiche di anfore (aribali) e piatti a figure zoomorfe e altri tipi comuni di vasellame incaico, i pezzi integri sono pochi e la maggior parte sono frammenti di buona cottura a pareti sottili e di buona finitura.

La ceramica chiriguana è piuttosto spessa, a decorazione impressa o digitata; le incisioni sono lineari fatte sia con pietre adatte, bastoncini di legno, ossa e torsoli di pannocchie di mais. Inoltre i pezzi non presentano una buona cottura e non contengono alcun elemento di finitura quali smalto, vernice o brunitura.

La ceramica della Valle ha delle forme molto particolari, per esempio i vasi tripodi con raffigurazioni di giaguaro in ceramica fine, di buona cottura, con una accurata finitura di vernice e brunitura; la ceramica in generale presenta forme geometriche, zoomorfe e/o antropomorfe con colori vivi dove predomina il rosso, l’arancio e il giallo.

 

1.3 Gli Inca e i Ciriguani nel contesto storico delle Ande Orientali Boliviane

Le due culture che si svilupparono nell’area geografica delle Ande Orientali Boliviane sono le più conosciute dell’America del Sud: gli Inca stanziati nelle regioni nord occidentali vicine al Perù e i Ciriguani nelle regioni orientali e meridionali della Bolivia ai confini con Brasile e Argentina.

Il popolo Inca, ormai descritto ampliamente dagli studiosi, proviene originariamente dalla città di Cuzco-Perù, da dove, a partire dal sec. XIII si espande verso le regioni Amazzoniche limitrofe delle Ande e poi verso la regione subandina boliviana nel periodo intorno alla seconda metà del sec. XV.
Gli Inca, nella loro avanzata verso le foreste e le valli boliviane, trovarono popolazioni molto bellicose che difendevano il proprio territorio e non accettavano nè gli insediamenti incaici né il dominio dell’impero; tra queste popolazioni vi sono i Lechi, che proseguirono la loro resistenza, rintanati nelle foreste ai piedi delle Ande, fino all’epoca coloniale.

I Ciriguani, popolo famoso per suoi implacabili guerrieri che mai si arresero di fronte all’avanzata Inca e poi Spagnola, sono stati oggetto di profondi studi da parte di storici e antropologi essendo disponibili numerosi documenti di epoca coloniale e repubblicana (Saignes 1986, 1990). Attualmente il popolo Ciriguano risiede nella zona sud-est della Bolivia e sull’odierna società Ciriguana sono stati compiuti diversi studi antropologici (Alvó 1980).

L’incontro di queste due società tanto diverse e lontane tra loro (gli Inca provenivano dalle montagne e i Ciriguani dalle foreste) avviene secondo le cronache e i documenti coloniali all’inizio del XV sec. e genera una serie di interrogativi di carattere storico e archeologico, inoltre, nella regione subandina sono presenti testimonianze che indicano l’esistenza di società locali antecedenti o contemporanee agli Inca: i Cianè e i Lechi, di cui poco o niente si conosce.

La regione subandina boliviana estesa da Nord a Sud, si rivelò una zona di frontiera che vide lo scontro tra Inca e Ciriguani e ha conservato numerosissimi elementi archeologici non ancora investigati, appartenenti ad entrambe due culture.

 

1.4. Il ruolo storico della Roccia Scolpita

La Roccia Scolpita di Samaipata che fu in grado di attrarre diverse società con il suo spirito di religiosità è un monumento unico e centrale nella concezione religiosa e di manifestazione del culto.

L’elevazione a faro mistico raggiunta fin dai tempi remoti, la portò ad essere rispettata come huaca eminente e considerata elemento fondamentale dalle società che si sottomisero al suo potere, divenendo oggetto di culto ed espressione del potere politico; il senso di grande sacralità emanato dal monumento è derivato dall’imponenza del paesaggio e dall’intensità delle opere compiute e delle figure tracciate e il possesso di un tale eminente luogo spinse le diverse culture, fin dai tempi preincaici, all’occupazione del territorio.

Ci sono diverse ricerche che approfondiscono questo aspetto, identificando nelle grandi rocce la doppia funzione di huacas (3) e importanti riferimenti topografici nel paesaggio sacro degli Inca (Laurencich- Minelli 2001).

Le cronache spagnole ci mostrano un panorama storico nel quale la Roccia e le terre vicine divennero un centro abitato e militare dopo l’occupazione Inca (Meyers & Ulbert 1999). Gli Inca si scontrarono duramente in questa regione con i cosiddetti “chunchos”, come loro chiamavano i Ciriguani e gli altri gruppi orientali.

Con l’arrivo degli Inca si spezzò quel continuum culturale (Viola Recasens 1992-93) a cui contribuivano Ande e Amazzonia e questo principalmente nelle regioni di frontiera come Samaipata, che svolgevano funzione di aree di transizione e scambio; più tardi gli Spagnoli accentuarono sempre di più la distanza tra queste due regioni (V. Aviles 2010).

La riorganizzazione dello spazio da parte degli Inca è un tema di studio specialmente nelle regioni di frontiera come Samaipata che ben può avere avuto funzione di cerniera sacra o ponte tra due zone dell’impero (Laurencich-Minelli 2001).

I ritrovamenti archeologici ci mostrano un panorama pluriculturale di incontro e sovrapposizione e questo dimostra una varia e costante occupazione della regione, già nel periodo preispanico e fino alla prima epoca coloniale; in questo contesto, la Roccia espletò il ruolo di centro cerimoniale e di potere, gli influssi sovrannaturali e naturali si intrecciavano favorendo l’integrazione fra le diverse culture ma al contempo scatenando una lotta incessante per il controllo del territorio da parte delle popolazioni che giungevano nella regione: quell’ancestrale potere si rivestiva di magia, religione e politica, in funzione delle caratteristiche strutturali delle società che si sottomettevano alla sua forza.

Così, gli Inca con la loro aggressiva politica espansionista si adattarono alle nuove forme di religiosità professate alla Roccia e nel contempo mutarono queste forme alla propria concezione del mondo, questo scatenò però una reazione negativa da parte delle culture preesistenti, inducendo gli Inca ad abbandonare in un primo momento la zona; ad ogni modo la loro presenza aveva lasciato un’impronta nel tessuto sociale e questo consentì agli Inca, memori dell’esperienza fatta, un ritorno più forte e duraturo nella regione.

La situazione strategica del contesto geografico della Roccia e la sua stessa natura, costituirono un punto di incontro, integrazione e lotta poichè Samaipata si trova ai confini orientali delle Ande, nell’area Subandina che divide le terre alte e fredde dalle basse e tropicali.


1.5. Considerazioni

Il Complessso Archeologico della La Roccia Scolpita del Forte di Samaipata è quanto rimane di un’epoca di congiunzione di diverse culture intorno ad una concezione particolare di tempio e di idolo; allo stesso tempo la Roccia rappresenta una importante testimonianza della storia delle valli subandine e la sua influenza irradia verso le regioni orientali della Amazzonia, verso il sud (il Chaco) e verso le Ande dell’attuale territorio boliviano; sebbene lo stato attuale delle ricerche non permette una migliore interpretazione è molto probabile che nel futuro si possano ottenere più dati sulla sua influenza religiosa.

La situazione strategica della Montagna di Samaipata permise lo sviluppo di una forma unica di religiosità che fece di una enorme roccia naturale un tempio e un punto di frontiera e incontro.

Il Forte fu lo scenario di costanti insediamenti umani provenienti da diverse regioni del territorio andino e orientale. La coesistenza e la sovrapposizione culturale di diversi ceti sociali si prolungò per circa 1500 anni, fino al periodo Coloniale che interruppe questa continuità sociale intorno alla Roccia.

Così come si assistì ad un incontro pacifico, si vissero anche periodi di violenza, poiché il possesso della Roccia significava il dominio del territorio: chi aveva il controllo della Roccia aveva il potere di decisione sulla vita e lo sviluppo di tutti gli abitanti.

 

Capitolo 2. Aspetti tecnico-conservativi

2.1. Caratteristiche della Roccia di Samaipata

La Roccia di Samaipata è un’arenaria arrossata a composizione silicea, porosa e a debolissimo grado di coesione. Il suo colore può essere definito secondo la Tavola dei colori Munsell, come Moderate brown 5 YR 4/4.

Secondo uno studio compiuto da J. Arellano nel 1974, è una arenaria subfeldespatica con un contenuto di ossido di ferro (2-8 %) che le conferisce un caratteristico color rosso con un contenuto di argille che varia tra il 4 e il 9 %, con una bassa e povera cementazione.

 

Roccia sedimentaria clastica

Arenaria
da litificazione di sabbia (clasti tra 1,6 e 2 mm)

Subarcosa (Folk,1974)
(contenuto in quarzo dello scheletro compreso tra 75 e 95%)

 

Fig. 13. Schema della genesi delle roccia di Samaipata.

 

2.2. Il deterioramento della pietra di Samaipata

La struttura stessa della pietra caratterizzata da elevata porosità ed il suo debole grado di cementazione favoriscono il degrado e la rendono soggetta ad un deperimento accelerato (4), di conseguenza l’attuale stato di conservazione del monumento è gravemente compromesso, avendo perso al momento attuale circa il 65% della sua iconografia originaria. (V. Fig. 14)


Fig. 14. Particolare di una nicchia daneggiata da vandalismo e agenti atmosferici. Della superficie originaria si conservano solo alcuni tratti - di colore “rosso” - visibili in alto a sinistra. Solo a titolo esemplificativo si può riferire che nelle strutture poste a sud-est, un complesso integro di cinque nicchie ha ceduto e si è distrutto totalmente.

Ci sono tre livelli che indicano lo stato di conservazione del monumento, essi vengono mostrati nella mappa di degrado della Roccia, il 40% contrassegnato con il colore rosso indica le figure più rappresentative dal punto di vista storico-artistico che necessitano di un trattamento “molto urgente” a causa di una superficie estremamente erosa o infestata da licheni e piante superiori (5), la superficie restante (60%) rappresentata con i colori verde (25%) e blu (35%) richiede rispettivamente un trattamento “urgente” e “meno urgente”, perché la superficie si presenta più solida e meno decoesa rispetto alla zona rossa (Fig. 15).

Particolarmente intenso ed esteso risulta essere il biodegrado ad opera di diverse specie viventi tra licheni, musghi e piante superiori (Fig. 16-19).

I licheni bianchi di tipo crostoso sono i più diffusi: essi penetrano nella roccia per 3-4 mm diventando molto duri e a causa della differente compattezza creano contrazioni che distaccano rilevanti porzioni della superficie (6).

Le piante superiori sono quelle che agiscono in modo più deleterio perché le loro radici si infiltrano per decine di centimetri in profondità fendendo e sgretolando la roccia e favorendo ulteriormente il degrado chimico-fisico.

Sono presenti piante che raggiungono gli 80 cm di altezza e 30 cm di diametro del tronco; il ruolo distruttivo della vegetazione in alcuni settori lasciati in uno stato di estremo abbandono, mette in pericolo l’integrità di estese porzioni di roccia con una iconografia ricca ed articolata.

Fig. 15. Livelli di degrado della Roccia di Samaipata: rosso = molto urgente, blu = urgente, verde = meno urgente (provenienza dei campioni 1-11).


Fig. 16. Particolari della Roccia con presenza di licheni.(Meyers & Otto 2003)


1


2


3

Fig. 17. I licheni (di colore bianco a verde molto chiaro, nero e marrone) sono practicamente distribuiti su tutta la superficie del manufatto: 1. Licheni a tallo foglioso, molto simile ad organismi appartenenti al genere “Parmelia” (colore bianco a verde molto chiaro), 2. Licheni epilitico a tallo crostoso, appartenente probabilmente al genere “Lecanora” (colore nero) e 3. Lichene epilitico a tallo crostoso, appartenente probabilmente al genere “Lecanora” (colore marrone).

Fig. 18. Particolari della Roccia con presenza di piante e muschi.(Meyers & Otto 2003)


1


2

Fig. 19. Due tipi di muschi, tipici del area boliviana, sono practicamente su tutta la superficie del manufatto: 1. Muschi rossi e 2. Muschi verdi.

 

2.3. Studi, ricerche e proposte di restauro

La necessità urgente della conservazione della Roccia ha generato una serie di proposte e analisi.

Nel 1974 l’ingegnere Jorge Arellano realizzò uno studio sulle arenarie di Samaipata, in cui consiglia l’uso di una resina siliconica idrofuga (Wacker BS31) per evitare la disgregazione della roccia. Questo formulato di resina siliconica, con una grande capacità di essere assorbita e di composizione chimica simile al quarzo e al vetro è stabile alla luce e agli agenti atmosferici; l’applicazione si effettua per irrorazione al fine di ottenere un manto di protezione uniforme, con una profondità di penetrazione variabile da 2-5 mm (Arellano 1974).

L’applicazione su tutta la superficie della Roccia non è mai stata realizzata.

Nel 1982 il Dott. Alan Kolata del Field Museum of Natural History di Chicago ottenne 4 campioni di arenaria simile in composizione chimica e morfologica alle arenarie esterne del monumento, 2 risultarono identici nella struttura a quelli di Samaipata, si realizzò un trattamento sperimentale con questi campioni, arrivando a conclusioni preliminari sul possibile uso di un consolidante di sintesi; nel documento preliminare il Dott. Kolata propone studi più approfonditi su questo tipo di consolidanti e la sperimentazione su altri campioni di arenaria prima di qualsiasi trattamento sulla Roccia di Samaipata (Kolata 1982).

Da questa data pare che non furono realizzati piú analisi né sperimentazioni.

Nel 1988 i biologi Fernando Calderòn e Marlene Avalos definirono la colonizzazione di specie vegetali sulla superficie del monumento raccomandando la continuità e l’urgenza di un trattamento immediato.

Nel 1991 l’Instituto Nacional de Arqueologia di Bolivia realizzò uno studio geologico sulla composizione della roccia, sugli agenti atmosferici e sui processi di meteorizzazione con l’intervento del geologo Leocadio Ticlla, il quale concluse che gli effetti distruttivi di acqua, vento, sedimenti e vegetazione minacciano costantemente la Roccia.

Negli anni 1999-2000 la sottoscritta ha lavorato nel Centro di Ricerca di Samaipata, nel corso di questa esperienza ho potuto constatare l’avanzato stato di degrado del principale monumento del complesso archeologico La Roccia Scolpita; con la collaborazione del Dott. Albert Meyers (2000) ritienne opportuno effettuare un sopralluogo presso il complesso, insieme al restauratore Franz Moll (2000) - che raccomandò un intervento a base di latte di calce -.

Poiché si tratta di un tempio aperto per visitarlo è necessario camminarvi sopra: questo ha provocato nel corso degli anni un deterioramento crescente per cui una delle prime azioni di protezione è stata quella di vietare l’accesso sulla superficie e ogni contatto del pubblico con il monumento.

Allo stato attuale non è stato realizzato alcun intervento di restauro e di conservazione del monumento nella sua interezza.

 

2.4. Precedenti interventi di restauro

Di seguito si riportano gli interventi realizzati a partire dal 1999 in aree limitate del sito.


La pulitura

La rimozione dello strato di terra in alcuni settori del monumento è stato il primo intervento realizzato.

Uno dei principali problemi conseguenti lo stato di abbandono della Roccia è l’accumulo di sedimento che costituisce l’humus ideale per il ristagno dell’acqua piovana e la conseguente proliferazione di specie animali e vegetali, quali la nidificazione di insetti o la presenza di oligocheti, questo fatto comporta l’accelerazione del processo di erosione.

Durante i lavori di rimozione sono state scoperte 12 piccole nicchie quadrangolari con doppio riquadro in bassorilievo, nel settore sud-ovest della Roccia; la grande importanza di questa scoperta non è riconducibile esclusivamente al valore iconografico e storico del complesso ma soprattutto all’aver permesso, grazie alla rimozione di un grande quantitativo di terra, la preservazione di queste opere dal fenomeno dell’erosione (Fig. 20).



Fig. 20. Particolare del complesso delle dodici nicchie del settore sud-ovest riportato alla luce durante i lavori di rimozione della terra (1999). Sono visibili i danni causati dall’azione combinata di umidità (solubilizzazione), piante e insetti (erosione).

Fig. 21. Particolare di un complesso di 4 nicchie - simile alle scoperte il 1999 - ubicate nel settore nord della Roccia.


Se paragoniamo lo stato di conservazione di queste ultime nicchie scoperte rispetto ad alcune simili che troviamo nel settore nord, è evidente la notevole differenza. Le nicchie del settore sud hanno subìto forti danni per cui è possibile apprezzare soltanto il 40% ca. della sua integrità. (Fig. 20-21).

Al contrario, le nicchie a nord, benché esposte agli agenti meteorici da almeno 500 anni - se soltanto consideriamo il periodo coloniale - sono in uno stato di conservazione nettamente migliore perché libere da sedimenti.

Una caratteristica di queste nuove nicchie è la presenza di diverse specie d’insetti che vi trovano il loro habitat ideale. Questi insetti hanno nidificato, solcando e perforando gran parte della superficie.

Fortunatamente il settore sud non è esposto all’azione anche violenta dei venti come il settore nord ma, nonostante ciò, le precipitazioni atmosferiche e le forti escursioni termiche costituiscono un serio pericolo; inoltre l’avanzata della vegetazione rappresenta una minaccia costante da non sottovalutare.

 

Il consolidamento

Si iniziò il consolidamento di parti disgregate della Roccia applicando sulla superficie un latte di calce che consiste in una sospensione di idrossido di calcio in acqua. Le proporzioni cambiano a seconda della consistenza necessaria: dove, ad esempio, le crettature sono lievi, il latte deve essere abbastanza fluido, laddove invece le fessure sono più larghe, il latte deve essere piú consistente; occorre quindi calibrare la densità del latte di calce in relazione alle necessità di consolidamento; indicativamente è possibile stabilire come media 1 o 2 litri di acqua per una quantità di calce variabile da 50 a 200 g. (Fig. 22).

I frammenti distaccati sono stati asportati e numerati: in questo modo è stato possibile ricollocarli in loco dopo il trattamento; è importante pulire meticolosamente l’area di intervento da sedimenti, insetti, radici e da qualsiasi agente estraneo, per poi inumidire con acqua e imbibire la superficie con il latte di calce.

Fig. 22. Interventi del 1999: riempimento di crettature (frecce rosse), pietre di supporto sotto le piattaforme (freccie gialle). Sono visibili 12 nicchie (freccia blu) appena riportate alla luce.

L’esperienza insegna che con l’utilizzo della polpa del tronco del fico d’India nel latte di calce si ottiene una consolidamento più stabile e duraturo; questa tecnica prevede prima l’asportazione della scorza dal tronco, poi la macinazione della polpa e la successiva raccolta del succo che viene quindi mescolato al latte di calce.

In altri settori più danneggiati il latte di calce anche molto denso non è stato in grado di far aderire i frammenti di grandi dimensioni, per cui si è mescolata argilla (reperita nei dintorni) e paglia al fine di ottenere una sorta di malta consistente capace di incrementare il potere adesivo e riempitivo.

La superficie della Roccia è irregolare e presenta diversi piani che favoriscono la formazione di crettature lunghe e di profondità variabile dai 50 a 120 cm. (Fig. 23)


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Fig. 23. Riempimento di fessurazione realizzato con una miscela di terra argillosa, paglia, succo di fico d’India e una piccola quantità di calce; l’intervento evita l’erosione in atto dovuta all’acqua piovana drenandola ed è reversibile.

 

Anche il vandalismo ha contribuito al deperimento del sito provocando danneggiamenti che nel corso degli anni si sono aggravati.

Queste fessurazioni localizzate specialmente sui fianchi della Roccia tendono a causa dell’acqua a farsi più profonde, provocando il distacco di grandi frammenti di roccia rappresentando una grave minaccia per la vita del monumento.

Il riempimento di queste fessurazioni è stato realizzato con una miscela di acqua, terra argillosa, paglia e succo di fico d’India e una piccola quantità di calce che nella maggior parte dei casi non si è aggiunta perché l’impasto era già sufficientemente solido.

La stuccatura delle fenditure è stata realizzata sottolivello in modo da consentire il defluire dell’acqua piovana ed evitando così infiltrazioni e ristagni.

Sono state utilizzate pietre di sostegno per i settori in cui le strutture avevano perduto la loro base a causa dell’erosione provocata dall’acqua e dalla vegetazione; le pietre necessarie all’opera di sostegno si ricercarono nella zona, ma il materiale disponibile era di natura simile a quello della Roccia quindi troppo friabile, non in grado di sostenere il peso della roccia soprastante: vennero quindi utilizzati altri tipi di arenarie piú resistenti ma di colore bianco-avorio.

 

Capitolo 3 analisi di laboratorio

3.1. Introduzione

L’elaborazione e la realizzazione di un corretto e duraturo intervento di restauro e conservazione richiede una approfondita conoscenza dei materiali costituenti il “Bene culturale” e delle forme di degrado presenti.
Allo scopo di individuare le caratteristiche composizionali e tessiturali della roccia di Samaipata e di identificare i meccanismi di degrado e valutarne la loro entità alcuni campioni lapidei con i relativi strati di degrado sono stati prelevati da diversi punti del complesso archeologico.

I campioni generalmente costituiti da un substrato (roccia) integro e dal sovrastante strato di danno sono stati esaminati mediante diverse tecniche analitiche.

Osservazioni in microscopia ottica (microscopio da mineralogia) hanno permesso di classificare petrograficamente in maniera univoca la roccia. A causa del forte weathering biologico sono state eseguite specifiche osservazioni in microscopia ottica per l’individuazione dei biodeteriogeni presenti.

Le fasi mineralogiche sono state individuate mediante analisi diffrattometriche (XRD).

Sono state infine eseguite analisi chimiche elementali ICP su un campione di roccia integra e sul rispettivo strato di degrado per osservare possibili impoverimenti e/o arricchimenti.

 

3.2. Osservazioni al microscopio da mineralogia

Il framework è costituito essenzialmente da quarzo (93% ca.) ed in misura subordinata da granuli di K-feldspato e plagioclasi .

Il cemento è molto scarso ed è costituito da quarzo microcristallino (Fig. 24-25).

Presenza di ossidi di colore ocra ed arancio, responsabili della colorazione arrossata della roccia. Le concentrazioni di tali ossidi sono particolarmente elevate in corrispondenza del cemento; si notano infine granuli opachi di dimensioni variabili.


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Fig. 24. Sezione sotile. 1. Nikol II, 2. Nikol X



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Fig. 25. Particolare del cemento quarzoso microcristallino al microscopio da mineralogia.
1. Nikol II, 2. Nikol X


Le dimensioni medie granuli sono 350 micron circa e la loro forma è generalmente ben arrotondata.

Porosità molto elevata.

Si tratta quindi di un’arenaria matura sia da un punto di vista composizionale che tessiturale che può essere definita secondo la classificazione di Folk (1974) una subarcosa.


Fig. 26. Classificazione delle arenarie. Il triangolo mostra una classificazione delle arenarie per sedimenti con meno del 15% di matrice a grana fine; la classificazione delle arenarie comporta anzitutto, la sottrazione della matrice, del cemento, delle nicchie, ecc. e poi il nuovo calcolo dei componenti a 100% (Adams et.al. 1988: 24).

 

3.3 Diffrattometria di raggi X (XRD)

Sono state individuate due sole fasi: quarzo e tracce di Microclino (k-feldspato).

Fig. 27. Diffratometria di raggi X (XRD)

 

3.4 Analisi chimiche (ICP)

Le analisi chimiche sono state eseguite su un campione di roccia diviso in substrato (BS4a) e patina nera non biologica (BS4b). I risultati sono reportati in tabella 1.

Tabella 1. Concentrazioni (%) ottenute da analisi ICP

Le analisi ICP non rivelano particolari arricchimenti o impoverimenti della patina rispetto alla roccia, in perfetto accordo con l’elevato grado di maturità composizionale dell’arenaria costituente il sito archeologico che la rende praticamente stabile; la natura non organica della patina è evidenziata dalle concentrazioni particolarmente basse e pressoché uguali di fosforo (P) riscontrabili nella patina e nella roccia.

 

CONCLUSIONI

Tenendo presente lo stato avanzato di deterioramento della Roccia e i limitati interventi effettuati finora, si ritiene particolarmente urgente l’elaborazione di un progetto di conservazione formulato da un gruppo multidisciplinare di studiosi.

Al riguardo gli aspetti di carattere sia tecnico che logistico-funzionale sono da ricondurre a:

1) Nel complesso è importante uno studio geologico e idrologico che fino adesso non si è fatto. Anche la conservazione di importanti strutture come i templi, le case, le terrazze di coltivazione, i luoghi rituali, insomma tutto il complesso ha bisogno di una accurata manutenzione, altrimenti tutto questo verrà perduto.

2) Provvedere il sito di infrastrutture per l’esecuzione dei lavori di conservazione fornendo: cisterne d’acqua, elettricità sfruttando l’energia solare, officine e depositi, una sede tecnico-scientifica dove progettare, elaborare e controllare i lavori oltre ad effettuare analisi e studi sul corso dello svolgimento dell’intero intervento, e conservare i materiali e gli studi su di essi effettuati.

3) Nella Roccia stessa:

a. Effettuazione di una mappa più precisa, testimoniante non solo le aree contrassegnate in diversa situazione di alterazione – degradazione, ed in particolare quelle che hanno bisogno di un trattamento urgente.

b. Particolare attenzione alle aree rosse che hanno bisogno di un trattamento urgente.

c. Messa a punto di canali di drenaggio al fine di evitare inondazioni e stazionamenti dell’acqua in differenti postazioni del monumento

d. Sviluppo di un piano di mantenimento costante.

Notas

1. Bevanda a base di mais. La sua utilizzazione risale a epoche pre-Incaiche. Il suo uso fu molto diffuso durante l’epoca Inca e principalmente nel periodo coloniale,usato come fulcro centrale di diverse festività e cerimonie.

2. Adobe: materiale di costruzione a base d’argilla, acqua e paglia.

3. Le huacas sono idoli o templi preispanici che le società locali rispettavano come massima espressione di culto e divinazione. Essi potevano essere presi come ostaggi dai popoli invasori al fine di ottenere la resa e il soggiogamento delle popolazioni ostili. Uno degli esempi più drammatici della cancellazione del culto locale e la cosiddetta “estirpazione di idolatrie” operata dai conquistadores spagnoli che distrussero una grande quantità di huacas, considerate opera di stragoneria.

4. Lo stato di conservazione di una roccia dipende da:

A .Fattori intrinseci: composizione e struttura della pietra;
B. Fattori estrinseci: a. Chimici: ossidazione (causate dal contatto con l’atmosfera), dissoluzione, idrolisi causate dall’acqua, idratazione, ecc., b. Fisici/meccanici: agenti atmosferici (pioggia battente, vento, forti escursioni termiche irraggiamento solare della superficie), deposizione naturale, ecc, c. Biologici: agenti biodeteriogeni (licheni, piante superiori, ecc.), d. Antropici: deposizione da inquinamento atmosferico, errati interventi di restauro, ecc.

5. Le figure zoomorfe, architettoniche e funzionali come canali e piattaforme, indicano un grave pericolo di scomparsa del modellato e dell’iconografia in generale.

6. Cfr. MOLL Franz. 2000. Ideas para medidas de presevación del Cerro Esculpido “El Fuerte”, Samaipata -Bolivia. Boletín de la Sociedad de Investigación del Arte Rupestre de Bolivia SIARB 14: 70-71, La Paz.

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Cómo citar este artículo:

Avilés, Sonia. Introduzione alla conservazione della Roccia Scolpita di Samaipata, Bolivia
En Rupestreweb, http://www.rupestreweb.info/samaipata.html

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Sonia Avilés en el mirador del sector oeste, desde donde se puede apreciar una vista panorámica de la Roca Esculpida, durante sus primeros trabajos de investigación en el complejo arqueológico. Samaipata - Santa Cruz, Bolivia. Septiembre 1994.


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